giovedì 30 dicembre 2010

Carpe Diem



Al di là di ogni irragionevole dubbio, esiste una dimensione spazio temporale che racchiude essenze diverse che hanno peregrinato a lungo trascinandosi da un chissà dove ad un altro.


Stanchezza secolare sulle spalle e un incarognimento causato dall’incapacità di muoversi come si sarebbe voluto o trovare l’esatto equilibrio per trovar pace nella sosta imposta. Grida strappate al nero della notte e strozzate in gola da artigli ferici pronti a sferrare il colpo mortale.


Al decretare della scadenza prefissata prossima a giungere, si protendono i sensi affinando l’istinto per cogliere l’attimo che non si ripresenterà prontezza nell’afferrarlo e dominarlo… o essere schiacciati da esso in batter di ciglia.


Il coraggio si alimenta da solo nello smodato bisogno di esser domato e non incoraggiato, l’irriverenza si spoglia rispettosa posando la candida veste sull’uscio, il bisogno di immediatezza pressa la mente instancabile e corre veloce su lame di luce.


Uno squarcio nella notte preannuncia l’avvicendarsi delle ore. Ormai prossimo il passaggio. Le antenne vibrano librandosi. Trema l’anima ormeggiando sul binario senza ritorno. Stavolta è paura. Adrenalina che scorre veloce riempie l’involucro.


Imperversa impotenza rafforzata dall’ignota incertezza di conoscere la via, un’ombra si palesa manifestandosi. Accresce la consapevolezza rafforzata da una conoscenza acquisita altrove degli eventi che seguiranno.


Non è possibile rimandare l’appuntamento con l’inevitabile, non è concesso evitare lo specchio presupponendo di sapere che cosa vi si cela dietro. Il momento di oltrepassare il limite è orami prossimo. Un’ultima scintilla di vita prende forma ed apre la strada sbarrata.

Letargo

Cala un manto freddo sulla pelle

Avvolge col suo gelo un tepore ormai spento


Lentamente il letargo inizia

Riserve accumulate daranno sostegno


Gli occhi si chiudono stanchi

Un eco di suoni arriva da lontano


La porta apre le braccia stancamente

Sardonica ghigna sui mancati passaggi


Rimbomba una risata lontana

La musica sovrasta ogni altro suono


Marca il ritmo un battito stantio e stanco

Oscilla una corda vibrando


S’assopisce l’istinto chiudendosi

Il muro erge edere infami a celarsi


Il nulla imperversa truccato di nero

Le braccia cadono aprendo le mani


Il tempo del rigenero è giunto

Scende il gelo a marcare le ferite


Il sangue arresta la sua corsa nelle vene

È tempo di dormire.


Profondamente.

mercoledì 29 dicembre 2010

Chiedi di più



Se un amore muore,
Una ragione ci sarà.

Forse il coraggio sta morendo!

Poche parole Una valigia, una bugia,
Ma solo chi rimane Sa il buio cosa sia…!
Allarga le tue braccia,

A chi ti cercherà…
A chi ti tenderà le braccia!
A chi è pronto a sconfiggere
La noia la dov’è.
A chi di questo amore…
Ha fame come me!
Non voltarti indietro mai,
Sarò felice se ce la farai!
Se vedrai che dopo me,

C’è ancora vita,

Una speranza c’è!

Malgrado tutto resteremo noi…

Coi nostri dubbi dissipati mai!
… Solo noi, ancora noi!
No!
A chi vorrà stupirti…
No!
A chi non sa accarezzarti…
No!
Non basterà una promessa…
No! Se poi la fine è la stessa…
Chiedi di più,
Chiedi molto di più, ora…!
Chiedi di più,
Di un incontro qualunque

Di un triste su e giù!

Chissà che faccia avrà
Chi mi sostituirà?
Come saranno le sue mani!

Basta che sappia darsi come ho fatto io!

Che non sia solo un gioco,
Solo un mestiere il suo!
No!
A chi gli basta sognarti…
No! A chi vorrà violentarti…
No!
Se quel tuo istinto non sbaglia…
No!
Se l’anima tua si sveglia…
Chiedi di più

No!
Perché non sei una puttana…
No! Perché io ogni notte sto in pena…
No!
Forse non ero il migliore…
No!
Ma ti ho insegnato l’amore…

giovedì 23 dicembre 2010

Cassandra


Cronaca di una sciagura annunciata.

Parli, parli e nessuno ti ascolta.

Il tuo primo “mai dire mai”


La frase era … non distruggerò MAI la tua anima.

Vaga Cassandra a recuperare i pezzi

Nulla di quanto stato tolto tornerà


Evoluzioni catastrofiche imperversano veloci.

Hai permesso che accadesse

Te la sei cercata violandoti


Sei stata fatta a pezzi da chi non t’aspettavi.

Trattieni il tuo Dolore

Ricorda il tuo Dolore

Ama il tuo Dolore.


Nessuno sarà nell’immediato tuo vicino

Tu e le tue cronache annunciate

L’occhio che sa vedere lontano va estirpato.


Il Male è entrato.

Chiudi le finestre e spranga le Porte.

Non permettere che esca.


Fallo scivolare lentamente in Te

Lasciati avvolgere e sprofonda nell’oblio.

Permettergli di impossessarti di te e finirti una volta per tutte.


Il tuo Tempo è volto al termine

Nessuna mano protesa …

Il baratro ti sorride incitandoti.




martedì 7 dicembre 2010

Mestruazione Cerebrale (che fa rima con natale)


Giunge il periodo dell’anno definito “Terrore”.

Al pari di tossine che vengono espulse dal corpo

In quanto nocive all’organismo stesso

Arriva per me il momento di liberarmi di un po’ del Veleno

Accumulato nel corso di 11 mesi.


- Dicembre -


Mese di desolazione

Mese di solitudine

Mese di riflessione

Mese di Dolore estremo

Mese di Morte.


Incomprensioni abbracciano indifferenze

Priorità diverse azzannano vite diverse.


L’odore dell’ipocrisia mi pervade le nari

Soffocando i pensieri accavallati

Recondite idee ostentano assenze volute.


Assorbo ed incanalo inglobando Energia

strettaMente necessaria

ad una dignitosa sopravvivenza.


- D’aria e di musica mi nutro -


In attesa del passaggio della spina più dolorosa.


Tendo l’orecchio ad un rumore lontano

Le urla del muro non cessano più

Si mescolano ai suoni quotidiani fino a farne parte

Integrati sublilMente s’avvinghiano di notte.


Tremerei smettessero. Ma non smettono.


Luci pervadono la stanza buia

Aliti echeggiano paurosaMente storditi

Prede tattili in preda a delirii


- Esplosione di sensi gocciolanti sul muro. -


E poi … di nuovo il Silenzio.

Il Silenzio delle Farfalle


Se togli le ali ad una farfalla ...
non ti resterà che un verme.

Se togli le ali ad un Angelo ...
ti potrebbe restare un amico.

Muta la forma a quello che ti circonda
la sua Essenza rimarrà la stessa.

Diffida di chi cambia la propria Anima ...
sta solo usando la tua
perchè un'Anima è immutabile
e sempre fedele a se stessa.

Accetta le cose per quelle che sono.
Fai dell'onestà il tuo vessillo.
Non otterrai amori o simpatie ...
ma sarai te stesso
sempre
nel bene e nel male.

Non temere di cadere ...
ti puoi sempre rialzare.

Un inciampo ti permette di vedere
quello che dall'altezza dei tuoi occhi
era inarrivabile.

Non temere di chiudere lo sguardo ...
temi di non riuscire più a protenderlo avanti.
Nessun passato ritorna
Una fune spezzata non si salda
Acqua spanta non si raccoglie ...

Non esiste ferita che non rimargini
ma il segno indelebile lasciato
ti rammenterà il dolore provato.

Non temere il dolore ...
ti grida che sei vivo
dannatamente vivo ... ancora!

Puzzle


Troppi pezzi mancano all’appello.

Svuotata l’anima di tutto quello che conteneva.

Vaga immemore di un tempo che fu

O sembrò essere.


Fitta nebbia s’addensa scendendo

Come un mantello a coprire occultando

Quello che resta

Quello che è svanito.

Nessun puzzle prender forma può

Nessun magico incastro.


Abbaglio, miraggio lontano ...


Irreale scompare al solo tocco

Sabbia scivola tra le dita … infuocata.

Scende una notte secolare a seppellir lanterne.

Devastante frustrazione di un oblio che solo subire si può.

Il respiro si affievolisce fino a scomparire.


Denso il sangue scorre a stento

Raggelato da parole mai espresse

Scolorito da promesse mai attuate

Opacizzato da quello che sarebbe potuto essere e non è stato.


Non dimora alcun rimpianto

Non alberga la speranza

Consapevolezza fallimentare innescata.


Oscurità torna sovrana. Bentornata.

mercoledì 1 dicembre 2010

Epilogo


Dopo un rapido prologo
Ed un bruciante svolgimento
Inesorabile arriva il prologo.

Tappe bruciate rapidamente
Presenze date per scontate
La solitudine adesso attanaglia.

Malesseri inespressi mutano
Il corpo segue la mente
La mente sprofonda nell’abisso.

Segue il tempo delle somme
Anticipato da quanto sottratto
Sovrascritto da quanto non addizionato.

Stende la neve il suo manto
Copre le tracce di quanto è stato
Iberna la voglia di riscatto.

Talvolta un silenzio è solo assenza di rumore
Il rumore riempie le vite
La stanza riecheggia di quello che manca.

Assenze reali si palesano
Manifeste realizzano un tempo andato
Nulla ritorna, ciò che è andato è perso.

Affondo le dita nel niente
Ritraggo la mano dolente
Mi lecco da sola le ferite.

Tante battaglia aspramente vinte
Qualcuna data per persa
La guerra è finita. Non si combatte più.

Le nubi son fitte e nere a vedersi
La nebbia mi avvolge costante
Nessuno squarcio mi apre la via.

Ritorna la tenebra cupa
Come una morsa incatena
Imprigiona straziando le carni già morte.

Nessuna risposta perviene
Non un gesto in difesa del magico prologo
Arresto la discesa all’epilogo. Salvo quello che resta.

La mia mano mantida di sudore
batte sul banco uno straccio intonso del mio sangue.
Fine dei giochi.